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Intervista su InterTruckNews – Federauto Trucks: i debolissimi mercati dei veicoli da lavoro fiaccano la già provata resistenza dei Concessionari

Roma, 6 febbraio 2014 – In estrema sintesi la situazione illustrata da Federauto Trucks in un’intervista rilasciata ad InterTruckNews il 2 gennaio 2014 non lascia ampi margini ad una possibile futura ripresa del mercato dei veicoli commerciali e industriali. Di seguito una serie di capitoletti atti ad illustrare più nel dettaglio la visione completa di mercato e reti. 

Mercato impoverito. Aldilà dei numeri è interessante osservare che nel paragone con gli altri mercati europei il nostro si sia estremamente impoverito rispetto al mercato tedesco, che ha immatricolato 48mila veicoli sopra le 16 ton, e al mercato francese che ne ha immatricolati 33mila contro i nostri 8mila, che risultano inferiori anche ai quasi 10mila della Spagna e ai circa 9mila dell’Olanda. I commerciali hanno subito un calo meno drammatico ma sono ormai cinque anni che il mercato è in perdita salvo una piccola recente fiammata che non fa storia.

Impennata forzataPer il consuntivo di fine anno Federauto (che sarà ufficiale solo a fine febbraio 2014) si aspetta che le immatricolazioni subiranno una impennata negli ultimi due mesi del 2013 ma è un crescita forzata dalla corsa agli Euro5. È stato insomma accelerato lo svecchiamento per non dover acquistare nel 2014 veicoli più costosi e complessi. Il prevedibile segno positivo nelle immatricolazioni degli ultimi due mesi del 2013 non deve quindi indurre a facili ottimismi.

Soldi spesi male. Secondo Federauto, l’Europa si è fatta travolgere dalla deriva ambientalistica che nei fatti non ha prodotto e non produrrà fatti concreti sul versante dell’inquinamento. Siamo giunti a normative più restrittive che hanno aggravato sia i costi di produzione che di gestione dei veicoli, e ne consegue che costruttori e clienti si devono caricare di oneri che nessuno gli riconosce. L’Europa ha giustamente deciso di percorrere la strada di abbattimento delle emissioni, ma con il passaggio all’Euro6 ciò avviene in maniera pressoché insignificante. Per ridurre drasticamente l’inquinamento meglio sarebbe stato spendere soldi per pensionare un parco composto largamente di veicoli stravecchi (anche Euro0) che producono inquinamento fino a cinquanta volte superiore a un Euro5. Meglio togliere di mezzo un Euro0 che immettere in circolazione 50 Euro6. In Lombardia – che pure è in condizioni economiche meno gravi delle altre regioni – il 50% dei veicoli pesanti è pre-Euro3, e questo conferma l’inutilità di costruire mezzi avanzatissimi quando circolano un numero ingente di veicoli che sporcano in maniera indecente.

Usato difficile. Le ragioni che non consentono soverchie illusioni sulla ripresa del mercato dei pesanti, secondo Federauto sono anche altre. Innanzitutto perché sono spariti i motivi fiscali per cui si comprava per mettere in ammortamento il cespite. Ma ora, con i bilanci in difficoltà, c’è ben poco da detrarre. Oltretutto gli Euro6 in prospettiva (nei prossimi cinque-sei anni) saranno veicoli non commerciabili sui mercati extraeuropei perché questi sofisticati motori hanno bisogno di urea e di carburanti molto raffinati, e andrà quindi a finire che l’Africa sarà invasa dai più spartani veicoli cinesi, mentre gli Euro6 dovranno finire la loro vita in Europa, con forti ripercussioni negative sul mercato nel suo complesso.

Rinnovo dei contratti. Per quanto riguarda le reti, il 2013 è stato caratterizzato da molti rinnovi dei mandati scaduti (nel 2012 scadeva il regolamento Monti per la distribuzione dell’automotive, prorogato fino al 2013). In sede di rinnovo sono state messe in atto ristrutturazioni proprio quando cinque anni di flessione avevano portato alla corda la sostenibilità dei dealer. C’è stata una uscita di scena di parecchie aziende dovuta a default o per difficoltà a mantenere un livello di business remunerativo. Alcuni costruttori con volumi di vendita bassi hanno optato per la vendita diretta bypassando i dealer.

Le tante chiusure. Le chiusure si sono aggirate attorno a un 20% delle aziende che vendevano pesanti o commerciali, e non è escluso che nel 2014 possano verificarsi altre chiusure, soprattutto fra coloro che fino al 2008 avevano messo in atto investimenti importanti lavorando con patrimoni non propri, anche se si registrano quadri pesanti anche per chi si è autofinanziato. La maggior parte delle chiusure si è verificata al Nord perché c’erano più dealer e perché la flessione del lavoro è stata più acuta. Il Sud ha potuto contare sui prodotti agricoli mentre al Nord è crollato il trasporto di materie prime e dei materiali da costruzione. I problemi del Sud sono sopratutto la mancanza di una distribuzione capillare, e addirittura ci sono zone assolutamente prive di dealer.

Conflitto d’interesse. Che cosa hanno fatto o avrebbero potuto fare i costruttori per partecipare ai problemi dei Concessionari? Innanzitutto, sostiene Federauto, le Case devono fare scelte chiare. Quelle con numeri modesti possono fare ben poco per aiutare i dealer nella sostenibilità. Nel veicolo industriale in Italia sono quasi totalmente dealer monomandatari e quando i numeri sono modesti le Case vanno direttamente sul cliente muovendosi in maniera disarticolata con politiche molto aggressive. Se avessero gestito meglio il rapporto con il concessionario, facendo un poco di più prima, non saremmo arrivati alla situazione attuale. Il mestiere dei costruttori è costruire, fare ricerca e sviluppo, mentre il dealer deve vendere. Se le Case si trovano a fare anche i venditori non è conveniente per nessuno. I dealer costano sempre meno di una filiale perché riescono a razionalizzare i costi. Valgono perché costano meno, e oltretutto spesso si sostituiscono alle banche. Le Case purtroppo possono essere interessate a mantenere alto il livello di occupazione interno, ma si genera così un dannoso conflitto di interesse.

Fuori i furbi. Al governo, dice Federauto, abbiamo chiesto a più riprese una politica nel settore del trasporto che dia origine ad aziende di trasporto più solvibili. Non attraverso incentivi, ma piuttosto stroncando la concorrenza da parte di trasportatori che agiscono fuori regola, togliendo dal mercato autocarri vecchi che hanno la possibilità di operare in maniera truffaldina con tachigrafo, difficilmente controllabili. Ci sono aziende che non alienano camion di 10-12 anni solo perché hanno tachigrafi che consentono furbizie. E vorremmo, dice ancora Federauto, anche reciprocità nelle infrazioni: noi all’estero siamo tartassati mentre qui da noi gli stranieri non pagano la multe. È stato anche chiesto che le revisioni vengano effettuate presso le concessionarie delegando alla motorizzazione il serio controllo su strada della regolarità dei veicoli. Non va dimenticato che su gran parte delle concessionarie è stato investito il lavoro di due generazioni. La domanda è: come traguardare alla terza se le reti vengono abbandonate a se stesse anche a causa delle fughe in avanti dei costruttori? 

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