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Comunicato stampa – Artusi: «Troppa confusione sui dati Green Deal. Ben venga la Commissione d’inchiesta per fare chiarezza».

Roma, 26 giugno 2025 – «La pressoché quotidiana pubblicazione di ricerche, studi e indagini che sono di parte, ma si vestono dei panni della scienza per simulare obiettività, rivelando in realtà solo mezze verità e nascondendone altre, dopo aver contagiato la politica e l’industria, sta ingenerando nella pubblica opinione – e nei consumatori – una confusione che disorienta e danneggia il mercato dell’auto». Lo ha dichiarato Massimo Artusi, presidente di Federauto, commentando il susseguirsi di studi e ricerche sulla transizione green dell’automotive.

«Federauto e i concessionari italiani, rispetto a tali problemi», ha continuato Artusi, «si trovano in una posizione assolutamente indipendente e non inficiata dal alcun preconcetto ideologico, dal momento che il loro interesse naturale è soddisfare un cliente nel suo acquisto di un autoveicolo: che poi questo sia a trazione elettrica, a carburante o ibrido non fa differenza».

«Il mercato», ha detto ancora Artusi, «ci dice, tuttavia, ogni giorno di più che nonostante le scelte dirigistiche della Commissione europea e il continuo ricorso ad incentivi, la vendita di auto BEV non decolla; in conseguenza di ciò il parco circolante invecchia sempre di più con effetti nefasti proprio per quella sostenibilità che si dice di voler difendere, mentre non si vuol tenere conto che il processo di trasformazione dei carburanti per i motori termici in vettori rinnovabili e carbon neutral sta proseguendo nella sua maturazione e lo sarebbe ancor di più, se non fosse ostacolato dalla normativa (figuriamoci se fosse agevolato!)».

«Per questo», ha proseguito Artusi, «a un osservatore indipendente (ma attento!) come Federauto, di fronte alla martellante campagna a colpi di studi, indagini e ricerche di varia provenienza, sorgono spontanee alcune domande:

  1. Perché le ricerche targate full electric – nonostante i loro contenuti di parte – sono considerate «buone», e quelle del fronte avverso sono tacciate di rappresentare interessi economici, come se dietro il mondo della trazione elettrica non ci fossero altrettanti interessi?
  2. Perché tali studi non considerano la transizione green dei trasporti in tutti i suoi aspetti, anche economici e sociali, ma si limitano a evidenziare solo i (presunti) benefici ambientali e non le ricadute negative per l’economia, l’occupazione e la società?
  3. Perché tali ricerche riservano così poca attenzione ad un comparto, invece, del tutto cruciale per l’economia europea (e strategico per l’economia italiana!), come il trasporto pesante HDV, dove la diffusione della trazione elettrica è sostanzialmente inesistente?
  4. Perché tali ricerche continuano a negare la validità dei biocarburanti, nascondendo che la loro attuale carenza è almeno pari alla mancanza di infrastrutture di ricarica elettrica e alla produzione verde di elettricità che richiedono – anch’esse – tempo e investimenti per poter servire tutto il mercato?».

«Per questo», ha concluso Artusi, «accogliamo con favore la creazione di un organo di controllo, come richiesto dal Parlamento Europeo, per fare chiarezza sulla modalità di finanziamento da parte della Commissione europea a favore delle organizzazioni autrici di tali ricerche, nella convinzione che attraverso di esso chi ha la responsabilità di tali scelte potrà finalmente giungere ad una individuazione dei soggetti che abbiano la competenza, l’autorevolezza e l’indipendenza per produrre indagini il più possibile oggettive».